Con un ondulatore Agnati Quantum² e una HP PageWide C500, il gruppo italiano ambisce a ridefinire gli standard tecnici e qualitativi degli imballaggi in ondulato

Se il nome definisce la sua missione, è solo varcando la soglia di ICO (Industria Cartone Ondulato) e incontrando i suoi titolari e i suoi manager, che si possono percepire le competenze e la grandezza di questa azienda. Fondata nel 1952, da Loreto Lancia, ICO si è evoluta da scatolificio a entità produttiva integrata, fino a raggiungere un fatturato di 102 milioni di euro (2019).

L’ondulatore Agnati Quantum², installato nel 2018.

Nella storica sede San Giovanni Teatino, alle porte di Pescara, ICO produce quotidianamente 200 tonnellate di carta per ondulatori su una macchina continua da 2.450 mm. Il sito di Foggia, acquisito nel 2004 da Smurfit Kappa, è dedicato agli imballaggi ortofrutticoli. Lo stabilimento di Alanno (PE), acquisito nel 2013 da Kimberly-Clark, è invece un polo produttivo di carta tissue per clienti globali. Presso il quartier generale di Pianella (PE), il più grande del gruppo, con i suoi 105 collaboratori, sono infine concentrate le attività di produzione di cartone ondulato, converting, ufficio tecnico, commerciale e programmazione della produzione. Qui, ad agosto 2019, ICO ha installato una HP PageWide C500, la inkjet single-pass progettata per stampare fogli di cartone ondulato di formato massimo 1.320×2.500 mm, con inchiostri a base acqua, ad una velocità di 75 m/min (circa 6.000 m²/h). Il motore di stampa è basato sulle teste thermal inkjet HP PageWide da 1.200 dpi, con goccia da 6 pl, ed è configurato a quattro colori più un canale dedicato al primer, che ottimizza la resa cromatica e minimizza il dot gain sia su carte naturali che patinate.

La macchina è parte di un piano pluriennale di investimenti in innovazione e accrescimento della qualità, che include un ondulatore Agnati Quantum² da 2,5 m e un nuovo magazzino verticale.

Oggi l’azienda è guidata da Leonida Lancia, figlio di Loreto, coadiuvato da due generazioni di famigliari e da un team manageriale giovane e dinamico.

La macchina da stampa inkjet single-pass HP PageWide C500, installata nel 2019.

Un nuovo paradigma di qualità

Per analizzarne l’evoluzione tecnologica in chiave digitale, visitiamo il sito produttivo ICO di Pianella, dove ci accoglie Rita Lancia, sorella di Leonida, co-titolare e responsabile marketing di ICO. Con lei ci sono Michele Mastromatteo e Alberto Arcangeli, rispettivamente responsabile R&D e responsabile stampa digitale del gruppo. In azienda da 18 anni – e con alle spalle una carriera in Barilla, sia in ruoli tecnici che organizzativi –, Mastromatteo è il principale fautore e validatore degli ultimi investimenti di ICO.

Il manager inizia il suo percorso in azienda nel 2002, prima come responsabile della pianificazione e poi come responsabile tecnico. Poi, nel 2009, si occupa di internalizzare le attività di progettazione e design dei prodotti, e dal 2013 coordina le attività di ricerca e sviluppo. Tra le sue responsabilità ci sono la standardizzazione di prodotti, carte e materie prime, l’ottimizzazione della qualità e la progettazione degli impianti produttivi. Circa dieci anni fa, la sua poliedricità e le competenze maturate spingono la proprietà dell’azienda ad affidargli l’incarico di sondare il mercato per un possibile investimento in tecnologia di stampa digitale. Un’indagine che, inizialmente, si limita alle poche stampanti multi-pass disponibili in commercio.

«Abbiamo testato ogni modello, inclusi quelli di HP Scitex, concludendo che nessuno rispondesse a esigenze industriali. Di lì a poco, abbiamo iniziato a osservare le prime applicazioni della tecnologia single-pass», racconta Mastromatteo. «A drupa 2016, le promesse superavano ancora i fatti, ma abbiamo deciso di scommettere su HP PageWide C500».

La console di controllo di HP PageWide C500.

Al tempo stesso, l’azienda abruzzese pianifica l’introduzione di un ondulatore Agnati Quantum², con l’obiettivo di realizzare un foglio di ondulato di qualità e stampabilità mai viste prima, perfettamente planare e senza imperfezioni.

«Non vendendo fogli, non ci interessava un impianto con una produttività estrema. Piuttosto, volevamo estremizzare la qualità del prodotto, nella prospettiva di introdurre la stampa digitale», spiega Mastromatteo.

Lungo circa la metà di un ondulatore tradizionale, Quantum² ha la caratteristica di avere un unico ciclo termico, senza separazione tra la parte umida e quella secca. I vantaggi di una simile configurazione sono i ridotti consumi di vapore, energia e colla, e il minore stress termico causato alle fibre della carta. L’ondulatore, installato a fine 2018, produce su due turni a una velocità costante di 250 m/min., con picchi di 300 m/min. Circa metà della produzione è cartone doppia onda.

Le ragioni del postprint e la scelta del base acqua

Se la stampa single-pass era per ICO una via segnata, meno ovvia è la decisione di adottare un sistema postprint, a foglio, con inchiostri base acqua, anziché un’analoga macchina con inchiostri UV-curable, o un sistema preprint a bobina, come HP PageWide T1100. La scelta riflette la particolare visione di ICO, e ricalca un approccio alla produzione consolidato.

Il conveyor belt della macchina, nel tratto che separa il motore di stampa dal forno di asciugatura.

«La stampa con inchiostri UV crea uno strato lucido sulla carta, snaturandone le caratteristiche ottiche e tattili. È troppo diversa dalla flexo, e ci avrebbe costretti a dare al cliente un prodotto diverso», spiega Mastromatteo. «Con il base acqua di HP PageWide abbiamo replicato l’effetto che i nostri clienti apprezzano, e introdotto una qualità di stampa inedita. Sia su carte patinate che naturali, produciamo un risultato che si avvicina all’offset».

Inoltre, il processo postprint è parso quello più adatto a preservare la flessibilità di cui ICO è orgogliosa. Con un parco di macchine di converting e di stampa flexo a foglio, l’azienda gestisce lotti anche molto frazionati per oltre 2.000 clienti, dalla multinazionale al produttore locale.

«Il digitale a bobina ha un grande potenziale ma si distacca troppo dalla nostra realtà», continua Mastromatteo. «Con alcuni clienti abbiamo un lead time di 10 ore, e poter offrire loro una stampa di qualità su cartone già in stock, con un flusso consolidato, ci tranquillizza».

Il digitale di ICO è “normale”, ripetibile e integrato

Il sito di Pianella è costruito all’insegna dell’automazione, secondo i precetti dell’Industria 4.0. Il presidio umano si limita alle attività manutentive e alle operazioni manuali strettamente necessarie.

L’impilatore di PageWide C500.

Il flusso inizia con l’arrivo e lo stoccaggio delle bobine di carta, per alimentare senza soluzione di continuità l’ondulatore. I lotti di cartone prodotti vengono inviati direttamente ai reparti di stampa e converting, oppure stoccati nel magazzino verticale, che funge da buffer per l’intero stabilimento. La movimentazione dei semilavorati è effettuata attraverso una rete di tunnel, equipaggiati con rulliere e nastri trasportatori, che spostano i pallet di cartone da e verso le linee di stampa flexo o inkjet, fustellatura, piegatura e incollatura. A commessa completata, il sistema preleva i pallet e li accompagna alle baie di carico, o nuovamente al magazzino verticale. Quest’ultimo, alto 25 metri, lungo 95 e largo 10, è suddiviso in 616 celle di stoccaggio, per una portata massima di 1.380 tonnellate.

Per molti converter di imballaggi l’adozione della stampa digitale ha coinciso con la creazione di prodotti completamente nuovi e di nicchia. Salvo rari casi di studio, tuttavia, quello del packaging resta un mercato di produzioni seriali, alti volumi, prezzi aggressivi e tempistiche stringenti. Un’industria in cui la sfida si gioca su efficienza produttiva e logistica. È in quest’ottica che ICO ha interpretato PageWide C500.

«Molti costruttori e influenzatori associano la stampa digitale solo a effetti speciali, dati variabili e progetti fuori dall’ordinario, ma noi la pensiamo diversamente», afferma Mastromatteo. «La chiave per sfruttarne i benefici è renderla uno strumento efficace anche per fare cose normali, all’interno di meccanismi industriali e processi organizzati».

La movimentazione del cartone da e verso la macchina da stampa con rulliere e nastri trasportatori.

Per centrare questo obiettivo, negli ultimi 12 mesi i tecnici di ICO hanno lavorato a stretto contatto con HP per migliorare le prestazioni di PageWide C500, accelerando i cambi lavoro, riducendo i tempi morti e integrando la stampante nel workflow aziendale.

«Il fattore critico non è la tecnologia inkjet ma l’applicazione di un processo di stampa perfetto ad un supporto per sua natura imperfetto», spiega Mastromatteo.

Il packaging digitale è più attraente e “democratico”

La crescente attenzione al packaging nell’industria alimentare si riflette in un aumento dei volumi di espositori da banco, scatole shelf-ready e imballaggi stampati. Per questo, contestualmente all’acquisto di PageWide C500, ICO ha incaricato un team di professionisti di armonizzare ed elevare il livello qualitativo dei propri imballaggi stampati, sia in flexo che in digitale. A capo della squadra c’è Alberto Arcangeli, 30 anni di carriera tra fotolito e stampa offset.

«Nell’ondulato la qualità attesa è enormemente più bassa che nelle arti grafiche. Per questo, la decisione di ICO di ingaggiare tre specialisti di stampa e di colore assume una rilevanza ancora maggiore», afferma Arcangeli.

Insieme all’accresciuta qualità, l’introduzione della stampa inkjet ha evidenziato costi di produzione “diversi” da quello della flexo. Anche in questo caso, ciò che molti considerano un impedimento, per ICO è vantaggio competitivo.

Da sinistra, Michele Mastromatteo, Alberto Arcangeli e Rita Lancia di ICO.

«Se confrontiamo tout court una scatola stampata in flexo con una prodotta in digitale, quest’ultima è più costosa. Di contro, il digitale azzera tempi e costi relativi a cambi di grafica, avviamenti, rifacimenti e stoccaggio di impianti», spiega Arcangeli. «Inoltre, l’inkjet consente anche a piccoli marchi – che non possono investire migliaia di euro in impianti, o il cui prodotto ha un ciclo di vita molto breve – di avere imballaggi di qualità».

Verso il predominio digitale?

ICO utilizza PageWide C500 per la produzione di piccoli lotti con layout grafici complessi, immagini retinate e fotografiche, dirottando sulla macchina molti dei lavori normalmente eseguiti sulle linee flexo a 4 e 6 colori. Le tirature medie sono di poche centinaia di fogli, che possono salire ad alcune migliaia in caso di lavori che, se stampati in flexo, richiederebbero avviamenti molto lunghi e complessi. In questi casi, l’inkjet abbatte considerevolmente tempi e scarti, restituendo un risultato confrontabile con quello dell’analogico.

Per sviluppare l’offerta digitale, ICO ha affidato a Giorgia Lancia (forte di un master in business administration e uno in marketing e comunicazione) l’incarico di Digital Printing Business Development Manager. Il suo compito è rendere la clientela consapevoli degli inediti livelli di creatività, flessibilità e personalizzazione resi possibili dalla stampa inkjet.

Con una risoluzione 1.200 dpi e una goccia da 6 pl, HP PageWide C500 produce testi leggibili fino al corpo 3.

«La nostra mission è spiegare a creativi e brand owner la trasformazione in corso nel mondo dell’ondulato», afferma Lancia. «Non vendiamo più solo scatole da trasporto ma nuovi strumenti di comunicazione, differenziazione e personalizzazione, a servizio dei grandi e piccoli marchi.».

Ad oggi HP PageWide C500 è impiegata su un singolo turno, ma ICO è già pronta ad avviare il secondo per soddisfare le esigenze interne ed il mercato in forte crescita.